Coronetti e la classe dirigente varesina

Egregio dott. Coronetti,
leggo su "La Prealpina" del 31 dicembre 2011 la sua filippica contro la classe dirigente del Varesotto.  Nella sua cruda esposizione, colgo la critica al sindaco di Busto Arsizio, ma le valutazioni critiche sono indirizzate all'intera classe dirigente periferica della provincia, di maggioranza e di opposizione, Lega, PDL, PD. L'assenza di un'opposizione credibile, capace di idee e progetti alternativi al sistema leghista/berlusconiano ha reso la crisi della democrazia cui stiamo assistendo ben più grave di quella del 1992.  Il governo Monti è lì a dimostrare il fallimento del sistema politico.
Associarsi alle critiche sarebbe  comodo, ma non servirebbe  alla ricerca di quella "verità" che lei indica come primo compito della politica. In premessa un'osservazione, non le sfuggirà che quando parliamo di classe dirigente varesina, al di là della sua collocazione attuale, ci riferiamo ad un attore politico nato sull'onda della frattura del 1992 con l'obiettivo di ridisegnare il profilo istituzionale della Repubblica in chiave federale e di far assurgere le popolazioni della "Padania" ad una dimensione nazionale (sic!). Dopo vent'anni, le ragioni per cui la Lega Nord era nata sono tutte irrisolte: riforma federale sello stato, debito pubblico, riforma della pubblica amministrazione, moralizzazione della vita pubblica, neppure una di queste questioni è stata portata a soluzione. Per un partito che ha avuto a disposizione potere centrale, regionale, provinciale e ha amministrato quasi tutte le amministrazioni locali per vent'anni, il bilancio è davvero disastroso.
A partire dal 2008 la classe politica di centrodestra e leghista ha sostanzialmente occultato la verità, la crisi stessa è stata negata. Sta qui il definitivo fallimento. La crisi in provincia, semmai, ha il sapore della beffa e della truffa: si pensi a Malpensa dove la classe dirigente padana ha mostrato tutta la sua insipienza.
Non solo! Si pensi a tutto il sistema della mobilità locale che è, praticamente, al collasso. L'asse della strada statale varesina, il Basso Varesotto sono un enorme tappo. Se torniamo alla vita delle nostre città: Varese non ha ancora risolto il tema annoso dei collegamenti ferroviari e autostradali con il resto della regione, e si potrebbe continuare.
Le classi dirigenti della nostra provincia, lei sostiene, non sono riuscite a migliorare la "farraginosa macchina pubblica". C'è da chiedersi, perché soltanto ora ci si renda conto di questo ritardo, non più imputabile, ovviamente, ai tanto vituperati partiti della prima repubblica.
La provincia di Varese ha espresso ministri e sottosegretari in posizione chiave, ciò nonostante il territorio non è riuscito a trarne alcun vantaggio e si trova nelle medesime difficoltà del resto del Paese. Vent'anni sono passati invano? Nessuna novità? Sarebbe ingiusto verso noi stessi. Se dovessi citare la più grande novità di questi vent'anni per la nostra provincia, penso al sistema della formazione universitaria. È uno dei lasciti maggiori della classe dirigente socialista, penso ad Antonio Ruberti e al varesino Mario Didò. Dovremo ripartire da lì: la società della conoscenza necessita di un sistema d'istruzione  e universitario in grado di formare le nuove generazioni per rispondere alle domande sociali e produttive del tempo nostro. In provincia di Varese abbiamo le condizioni per ripartire, grazie a questi lasciti importanti.
Arresteremo il declino, però, se saremo capaci di uscire dalla "sbronza" dei partiti personalistici, di cui abbiamo un esempio, sopra tutti, nella nostra provincia. Se riusciremo a ripensare le forme della rappresentanza e a rivitalizzare circuiti democratici, se le associazioni più rappresentative dell'economia locale usciranno dal loro incantamento e sceglieranno nuovi interlocutori. Oggi, deboli elettoralmente, ma rinnovati e portatori di analisi e proposte sulla crisi, meditate e aggiornate. Soltanto a queste condizioni ricostruiremo una classe dirigente credibile e riusciremo a costruire un nuovo clima di fiducia fra società e partiti.
Non sarà più sufficiente fare ricorso a oscenità e insulti per riconquistare credibilità. Le ultime villanie verso il presidente Napolitano risuonano ancora nell'aria. A questa ricostruzione della politica in provincia vado dedicando insieme a quel manipolo di socialisti che hanno a cuore l'Italia, una parte del mio tempo. Per fare tutto questo c'è bisogno anche di maggiore attenzione e maggiore apertura verso il PSI e i suoi esponenti in provincia. Come del resto il giornale di cui lei è un autorevole firma fa già in molte realtà.
Ringraziandola per l'attenzione, auguro a lei e a "La Prealpina" i migliori auguri di buon anno.

Giuseppe Nigro
Segretario Federazione Provinciale PSI  Varese