Craxi e l'Italia della tripla A

Si ripresenta spesso il tema della “cattiva  politica economica” del governo Craxi nelle discussioni, nelle prese di posizione di giornali da parte dei nemici giurati dello scomparso che giace in un piccolissimo cimitero Cristiano  a fianco della Medina di Hammamet. Craxi non può replicare e così si può fare scempio della verità senza nessuna conseguenza.
Si ignorano, a mio giudizio, due elementi che non si vogliono riconoscere. Uno ci riporta alla Conferenza Programmatica del PSI di Rimini del 1982 i cui esiti vennero sistematicamente osteggiati dalle due principali forze politiche del tempo, ossia il PCI in primo luogo e dalla DC in buona compagnia con la CGIL ed alcuni autorevoli quotidiani. E’ opportuno ricordare soltanto alcuni dei tanti temi affrontati: IL RILANCIO DELLA ECONOMIA E DELLA OCCUPAZIONE , LE POLITICHE PER IL BILANCIO,  LE RIFORME DELLE ISTITUZIONI- PARLAMENTO E GOVERNO.
La rilettura di quei documenti ci possono testimoniare della attualità e della lucidità di analisi e della lungimiranza delle politiche per affrontare, allora, il cambiamento. Poco o nulla è stato possibile fare per le resistenze e le forti opposizioni che il progetto aveva incontrato sul suo cammino. La principale era il rifuggire dalle responsabilità  a causa della  impopolarità che poteva conseguire dall’assumere le necessarie decisioni ( Il Ministro Fornero diceva “ non siamo qui a distribuire i cioccolatini, a quello ci pensavano i Partiti “).
Vittorio Foa, onesto testimone e protagonista di quegli anni, non sospetto di amicizia per Craxi, ha scritto  “Dal settembre 1984 diressi per tre anni il centro economico della CGIL e allora mi preoccupai della eccessiva disponibilità del Sindacato ai disavanzi di bilancio…..mi colpiva la facilità con la quale la Segreteria Confederale chiedeva al Governo soldi…..senza chiedersi chi e come avrebbe pagato il conto. Respinsi l’idea che in un mercato aperto il deficit si paga da sé”. Proseguiva “ Nella indifferenza della sinistra storica verso l’inflazione e l’indebitamento pubblico vi è certo un elemento culturale, l’illusione monetaria”
Tornando agli inizi del governo Craxi (1983-87) è opportuno ricordare che il deficit di bilancio ammontava a 50.000 miliardi di lire e la produzione industriale era crollata del 7% , mentre la borsa era rimasta chiusa per tre giorni per evitarne il tracollo. E’ da queste condizioni che iniziava il governo Craxi .
Nella relazione che il Presidente della Banca d’Italia Carlo Azelio Ciampi dichiarava “ nel 1986 si sono concentrati i risultati i frutti di una azione tenace e di tendenza positiva come non era avvenuta da quando la prima crisi petrolifera “.  Questi risultati dicevano che la crescita della produzione era aumentata de2,6% mentre la domanda era stata del più 3,2%, il fabbisogno Statale era stato contenuto entro i 110.000 miliardi lire, che al netto degli interessi e delle regolazioni di debiti pregressi era sceso da 47.000 a 36.000 mila miliardi. Proseguendo si può aggiungere che dal 1983 al 1987, oltre al risanamento della economia reale, con il ritorno al profitto delle imprese, si era riusciti a conseguire il miglioramento della finanza pubblica passata dal 14 all’ 11,3% del prodotto interno lordo e il tasso di inflazione scese  dal 16 al 4%, grazie anche al referendum sulla scala mobile .
Quando iniziò Mani Pulite il debito pubblico Italiano era di 795 miliardi di euro ( secondo calcoli elaborati da Oscar Giannino ) è risalito alla astronomica cifra di 1931 miliardi di euro a giugno dello scorso anno che, messi in rapporto al PIL, sono passati da 85% al 120%. L’incremento del debito è stato costante in tutti i governi con alcune differenze  significative. Con il governo Amato/Ciampi l’indebitamento era cresciuto a 185 milioni di € al giorno, con il governo Berlusconi la crescita raggiunge i 330 milioni/ giorno, con il governo Dini 207,3, con il governo Prodi 1 scende 96,2,  con D ‘Alema scende ancora a 76,3, con Amato risale 124,5, con il governo Berlusconi (2001-2006 )si stabilizza a 124,3, scende con il Prodi (2007-2008)  297,5 e quindi ancora con Berlusconi (2008-2011 ) a 217,8 sempre in milioni/giorno.
Come è facile concludere è stato il governo Berlusconi che ha prodotto il più alto incremento del debito, ma cresciuto con tutti i governi che si sono alternati  durante la seconda Repubblica.
Gli storici si dovranno occupare di scrivere la storia della così detta “Seconda Repubblica”, ma intanto ritengo sia onesto ed importante fare alcune riflessioni sulle responsabilità della “ Politica Politicante “ nei confronti della storia recente e  delle giovani generazioni per non avere affrontato con sistematicità le indilazionabili riforme che hanno generato le fortissime diseguaglianze e il disastro sociale che stiamo vivendo con grande apprensione e incertezza per il futuro.
Molti dovrebbero chiedere scusa e ritirarsi a meditare.

Tito Francesco Tosi
Membro del Direttivo Provinciale del PSI 

I barbari sognanti li preferiscono in contanti

Quanto sta accadendo in questi ultimi giorni ha le sue premesse nella frottola su cui Lega Nord ha costruito le sue fortune negli ultimi vent’anni. Rivendicare la diversità e far credere di essere un movimento “popolano” non è bastato. Il ceto politico della lega è alla deriva. Ha abusato del denaro pubblico. Ha alimentato degenerazioni familistiche da basso impero. Il ceto politico leghista è convinto che riuscirà a beffare ancora
una volta i cittadini delle regioni del Nord. Alcuni dirigenti battono la gran cassa sulle dimissioni dei loro esponenti compromessi nelle truffe pensando che tutto tornerà come prima. Questa volta non sarà così! I cittadini del Nord si aspettano riforme vere: riforme della pubblica amministrazione, riduzione della spesa pubblica ed eliminazione degli sprechi, servizi pubblici efficienti e funzionali al rilancio e alla crescita
economica dell’intero paese, maggiore democrazia e maggiore giustizia sociale, serie politiche pubbliche contro l’evasione fiscale e tutele serie per i lavoratori, lavoro per i giovani.
I socialisti negli ultimi mesi hanno denunciato a livello nazionale le equivoche politiche leghiste. Nel 2008, durante la campagna elettorale per le elezioni provinciali di Varese, siamostati sbeffeggiati per le nostre dichiarazioni sulla necessità di politiche solidali. “Ai varesini interessano i soldi”, diceva un noto leghista. Noi socialisti diciamo che varesini e lombardi sono dediti al lavoro e aspirano a mantenere e preservare il
loro tenore di vita. Non per questo sono senza principi e senza coscienza.
I socialisti rappresentano l’autentica sinistra riformista, l’unica forza che non ha mai smesso nella sua denominazione il riferimento ai principi e ai valori repubblicani della libertà, della solidarietà, dell’uguaglianza e della giustizia, una riserva democratica per il futuro di questo paese. Bisogna eleggere una nuova Assemblea Costituente per rifondare il sistema politico e dei partiti. I socialisti ci sono.


Comunicato Stampa: Testamento Biologico a Saronno

Mentre il nostro pensiero e la nostra comprensione vanno al popolo leghista, così duramente colpito dalle recenti  vicende che riguardano il suo leader e l’”anello magico” che lo ha soffocato, riteniamo che sia frutto della confusione del momento l’articolo di Angelo Veronesi sulla mozione relativa al registro delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento inizialmente proposta dai Socialisti ed approvata lunedì nel Consiglio Comunale di Saronno.
Le dichiarazioni anticipate di trattamento (abbreviate: DAT) sono, per l’appunto, dichiarazioni che una persona fa, in condizioni di intendere e volere, circa il modo in cui vuole essere trattato dal punto di vista medico quando e se non sarà più in grado di farlo di persona.
Le DAT sono un diritto del  cittadino, come anche la Comunità Europea conferma, e non si capisce l’affermazione secondo la quale sarebbero legate ad una “ ideologia leninista che vede nello Stato l'unico e il solo detentore del diritto di sovranità”; qui si tratta esattamente del contrario: con il registro delle DAT al cittadino è consentito dichiarare quello che lui vuole, non quello che vuole un parente, con il quale magari è in contrasto, oppure un medico sconosciuto che di lui specificatamente nulla sa e nulla importa. E il registro diventa il modo con cui il cittadino può rendere vincolante per i terzi la propria, autentica, volontà.
Piuttosto non vorremmo che il tentativo di bloccare l’introduzione del registro da parte di quelle “forme di autonomie locali che difendono le libertà di espressione del cittadino” fosse, invece, il modo per impedire quella libera e diretta manifestazione di volontà.
Ma se una disposizione di fine vita può essere depositata da un notaio, come sembra accettare Veronesi, perché dovrebbero esserci qualcosa di sbagliato nel depositarla in un registro pubblico? Cosa introduce il registro che già la dichiarazione non contenga?
Mentre il testamento è uno strumento che viene aperto dopo la morte, non prima, il registro delle DAT serve semplicemente per coprire l’arco di tempo che intercorre tra l’incapacità di comunicare e l’eventuale morte, per ricordare la libera scelta di chi non può farlo e per far sì che se ne tenga conto.
Uno strumento, dunque, non un fine o un’ideologia. E nemmeno l’anticamera dell’eutanasia, perché le volontà depositate nel registro possono essere le più varie: alcuni potrebbero chiedere di essere tenuti in vita finché neanche le macchine possano più sostenere neppure una parvenza di vita, e questa richiesta va rispettata, magari a dispetto di parenti che vorrebbero staccare la spina ed ereditare, altri invece vorrebbero dichiarare quali sono i segni vitali in assenza dei quali preferirebbero essere lasciati andare, ed anche questi hanno diritto che la loro voce sia ascoltata.
L’eutanasia non c’entra, ripetiamo.
Forse Veronesi dovrebbe riflettere, invece, sul mito di Frankenstein: oggi le macchine possono fare sempre di più per sostenere una parvenza di vita, ma senza l’anima, o, peggio, tenendola prigioniera, con il rischio che l’arroganza dell’uomo che si trastulla con il proprio giocattolo tecnologico lo porti a volersi sostituire al Dio che, a parole, dichiara di onorare.

Marco Arluno, Segretario Partito Socialista Italiano - Sezione di Saronno


I SOCIALISTI PER LA RESTITUZIONE DEI PROVENTI DELLA LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE

Perché ritorniamo sul tema? Perché senza il recupero fiscale, in Italia non riprenderanno gli investimenti e la
crescita sarà compromessa. Non si tratta, però, come pensa il ministro Passera, soltanto di una battaglia culturale. La lotta all’evasione fiscale ha bisogno di atti concreti. I dati sugli importi medi dei redditi dichiarati
dai lavoratori dipendenti e dai loro datori di lavoro, sono lì a dimostrare quanto sia grande e diffusa l’illegalità nel paese. È un quadro sconfortante! Ma non nuovo.
Si ricorderà che nel 2008 furono messi on line dall’allora ministro Visco i redditi del 2005 degli italiani. Chi ebbe occasione di consultarli, riguardandoli in questi giorni e confrontandoli con il dibattito del presente ne ricava una amarezza enorme. Nulla è cambiato, anzi, verrebbe da dire che la situazione è peggiorata. 
La considerazione vale anche per i saronnesi, ripensando alle dichiarazioni che comparvero fugacemente sulla rete. Il fisco quindi è un’emergenza nazionale e la lotta all’evasione fiscale non è rinviabile. Per condurre la lotta all’evasione fiscale bisogna affinare le strategie di contrasto all’illegalità e conoscere in modo approfondito il fenomeno.
Analisi settoriali per tipologia di contribuenti, interscambi informativi con il sistema allestito dall’Agenzia
delle Entrate, è quanto bisogna incominciare a fare anche a livello locale. La “ReteComuni”, un’associazione di comuni, proposta dall’ANCI, va nella direzione appena ricordata. Anche a Saronno dovremmo incamminarci in questa direzione, se vogliamo che il cambiamento sia
reale. Infine, dichiariamo il nostro programma: restituire ai cittadini, ai contribuenti onesti, i proventi dell’azione di contrasto.