I SOCIALISTI PER LA RESTITUZIONE DEI PROVENTI DELLA LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE

Perché ritorniamo sul tema? Perché senza il recupero fiscale, in Italia non riprenderanno gli investimenti e la
crescita sarà compromessa. Non si tratta, però, come pensa il ministro Passera, soltanto di una battaglia culturale. La lotta all’evasione fiscale ha bisogno di atti concreti. I dati sugli importi medi dei redditi dichiarati
dai lavoratori dipendenti e dai loro datori di lavoro, sono lì a dimostrare quanto sia grande e diffusa l’illegalità nel paese. È un quadro sconfortante! Ma non nuovo.
Si ricorderà che nel 2008 furono messi on line dall’allora ministro Visco i redditi del 2005 degli italiani. Chi ebbe occasione di consultarli, riguardandoli in questi giorni e confrontandoli con il dibattito del presente ne ricava una amarezza enorme. Nulla è cambiato, anzi, verrebbe da dire che la situazione è peggiorata. 
La considerazione vale anche per i saronnesi, ripensando alle dichiarazioni che comparvero fugacemente sulla rete. Il fisco quindi è un’emergenza nazionale e la lotta all’evasione fiscale non è rinviabile. Per condurre la lotta all’evasione fiscale bisogna affinare le strategie di contrasto all’illegalità e conoscere in modo approfondito il fenomeno.
Analisi settoriali per tipologia di contribuenti, interscambi informativi con il sistema allestito dall’Agenzia
delle Entrate, è quanto bisogna incominciare a fare anche a livello locale. La “ReteComuni”, un’associazione di comuni, proposta dall’ANCI, va nella direzione appena ricordata. Anche a Saronno dovremmo incamminarci in questa direzione, se vogliamo che il cambiamento sia
reale. Infine, dichiariamo il nostro programma: restituire ai cittadini, ai contribuenti onesti, i proventi dell’azione di contrasto.

Socialisti: riparliamo di scuola

Il Ministro Profumo ha annunciato per il prossimo settembre gli Stati Generali della scuola. Gli ultimi, nel 2001, inventarono la scuola delle tre I (internet, inglese, impresa). Il risultato di questo decennio ha prodotto uno spread culturale che è sotto gli occhi di tutti. Il ristagno produttivo italiano e la scarsa
capacità d’innovazione, sono il frutto anche del limitato bagaglio culturale della popolazione. Dalle indagini comparative emerge un dato di cui nessuno parla volentieri: solo una parte minoritaria degli italiani ha strumenti sufficienti per orientarsi nella complessità di una società moderna. In Italia c’è ancora (constata Tullio De Mauro) un 66% di persone con insufficiente alfabetizzazione, mentre in Svezia sono al di sotto del 30%: in cifre assolute si tratta di più di trentadue milioni di persone. L’azione dei “Tempi della città” in cui è stata avviata l’alfabetizzazione informatica della popolazione adulta di un quartiere saronnese è un modestissimo esempio di cosa si dovrebbe fare su scala allargata. Il governo Monti non si è ancora pronunciato su come intenda risolvere la questione controversa di far partecipare le scuole alla costituzione di fondazioni finalizzate al sostegno economico della propria attività. Consigliamo a Monti e Profumo una politica socialdemocratica, come avviene nei paesi europei governati dai socialisti: si tassino le rendite finanziarie e si investa il ricavato nella formazione delle giovani generazioni. Solo così si crea futuro. Infine ricordiamo che il Ministero Istruzione Università e Ricerca (Miur) ha chiarito che il contributo chiesto dalle scuole alle famiglie deve avvenire su base volontaria. Nessuna scuola può obbligare al versamento di una cifra stabilita autonomamente (e che non fa parte delle tasse obbligatorie). Si dice, inoltre, chiaramente che i contributi volontari sono
detraibili nella dichiarazione dei redditi. Sarà bene che le famiglie vengano informate. Forse il Ministero sta introducendo nella confusione un po’ di chiarezza, ma la linea di marcia non è ancora del tutto chiara. Noi socialisti ritorneremo con più frequenza sul tema per rilanciare anche in sede locale il nesso scuola e democrazia.

Virtù civiche corruzione crisi economica nella Lombardia di Formigoni

Nel febbraio del 1993 fu pubblicata in Italia una ricerca del politologo americano Robert Putnam (Making democracy work. Civic tradition in modern Italy; Far funzionare la democrazia. Tradizione civica in Italia) sull'efficienza del modello regionale. Prima di pubblicare la loro ricerca e giungere alla conclusione che le regioni del Mezzogiorno si collocavano all'ultimo posto nel rendimento istituzionale per via di "familismo amorale" e "legame di clan", Putnam, insieme a Robert Leonardi e Raffaella Nanetti, aveva studiato le nuove istituzioni per vent'anni. Le regioni erano state inaugurate, infatti,nel 1970.
La Lombardia, nell'indagine di Putnam, non ne usciva benissimo: si collocava dopo Umbria. Emilia Romagna, Piemonte, Toscana e Friuli, ma pur sempre fra le regioni di testa. Le altre regioni a seguire, fanalino di coda Calabria e Campania. La domanda che si poneva Putnam riguardava il funzionamento dei modelli democratici. Perché alcuni governi democratici funzionano e altri no? La risposta fu individuata nel grado di senso civico delle comunità regionali. Sembrava che le virtù civiche dovessero rendere la società lombarda immune da corruzione e degrado politico. Così non è stato! Del resto, la capitale morale era già entrata in crisi con Tangentopoli, ma neppure si può dire si sia riscattata nei vent'anni successivi come dimostrano le recenti inchieste riguardanti Filippo Penati (vicepresidente del Consiglio regionale lombardo), esponente di primo piano del Partito Democratico e Davide Boni (presidente del Consiglio regionale lombardo) della Lega Nord. Per non parlare degli esponenti del PdL.
Sfiducia reciproca, isolamento, sfruttamento, dipendenza dai potenti, solitudine, disordine, criminalità, caratteristiche che un tempo si attribuivano soltanto al Sud sono ora diffuse e presenti non meno nella società lombarda. L'elevata dose d'ipocrisia che deriva dalla presenza del mondo della finanza che rende tutto criptico e poco decifrabile contribuisce ad alimentare ulteriori zone grigie.
Nel 1979, Leonardo Sciascia pubblica un libro dal titolo, "La Sicilia come metafora". La Sicilia diventava per Sciascia l'immagine esemplare delle tendenze più perverse che si sarebbero affermate nell'intera realtà italiana. Quando all'epoca lessi il libro di Sciascia, ne fui infastidito, pensai che fossero esagerazioni destituite di fondamento. Oggi, la Lombardia è a un bivio: il quindicennio di Roberto Formigoni è lì a dimostrare che la democrazia funziona se c'è ricambio, altrimenti degrada. La regione è come se avesse subito un'occupazione straniera: "leghisti", "ciellini", "forzaitalioti" e alcune frange del centrosinistra hanno provveduto ad inquinare non poco le "virtù civiche" di cui parlava Putnam. Sembra di essere al tempo degli spagnoli, quando i valori civici venivano mortificati da una classe dirigente soggetta allo straniero e l'avvocato Azzeccagarbugli si schierava con i potenti contro il povero Renzo Tramaglino.
Dal 1997 al 2008 (dati Eurostat) il Pil della Lombardia è in costante decrescita. Regione Lombardia non è neppure virtuosa economicamente come vorrebbe il presidente Formigoni. La corruzione penetrata nei meccanismi economico-produttivi è motivo di rallentamento delle crescita e il danno incomincia ad essere palese. Ripristinare la morale pubblica è urgente, non solo per una questione di civiltà e democrazia, ma per battere il declino cui stiamo assistendo nella regione un tempo più ricca d'Europa.