Lombardia, metastasi della corruzione (di Roberto Biscardini)

Fatta salva la presunzione di innocenza per ciascun indagato e al di là delle singole vicende giudiziarie, che hanno pesantemente interessato la Lombardia in queste ultime settimane, ci sono questioni di sistema da mettere al centro della nostra attenzione.
Il caso della Lombardia potrebbe essere da manuale. Il sistema politico lombardo, e non solo quello milanese, fu devastato dalla tangentopoli del ’92-‘93. Quel sistema, responsabile sul piano giudiziario di reati connessi soprattutto al finanziamento illecito dei partiti, fu sostituito da un altro che si è macchiato, come ammettono oggi apertamente autorevoli esponenti del Pool di allora, di fenomeni estesi di corruzione personale e di gruppo.
Ciò è avvenuto in pochissimo tempo, e si è consolidato nel corso di questi ultimi vent’anni, da parte di quella classe politica di “riciclati” che, con più o meno virulenza, cavalcò il bisogno di cambiamento del “vecchio” per sostituirlo con il “nuovo”. Loro. Innanzitutto la Lega Nord, Forza Italia, nella sua duplice veste berlusconiana e formigoniana, e l’Msi. Presero il potere e tra le elezioni comunali del 1993 e le regionali del 1995 occuparono manu militari tutte le principali istituzioni della regione.
Per definizione meglio “di quelli di prima”, costruirono in brevissimo tempo un sistema di potere pressoché perfetto, contando su due fatti che si sono dimostrati veri. Non ci sarebbe stato di lì a poco un altro Pool alle loro calcagna e una iniziativa come quella di tangentopoli non si sarebbe mai più ripetuta con la stessa forza. Quindi, ritenendosi impunibili, si sono messi ad operare a testa bassa, impiantando un sistema corruttivo diffuso. Quale? Quello che si sa. Quello che si dice in giro. Quello che, al di là delle responsabilità dei singoli, si è fondato sull’alleanza politica e di interessi tra Formigoni e la Lega Nord, tra PDL e Lega in ogni comune e provincia, durata troppo a lungo e senza sostanziali alternanze. Il modello Compagnia delle Opere nell’economia reale e di Comunione e Liberazione nel sistema di potere dei servizi, nella sanità, nelle aziende partecipate della Regione e dei comuni, Milano compreso. Una rete di connivenze che ha consentito a Formigoni di strafare e alla Lega e agli ex fascisti in ogni realtà locale di occupare posti e il territorio.
Un sistema politico che, per il bene dell’economia lombarda e dei suoi cittadini, dovrebbe farsi da parte prima di essere travolto giorno dopo giorno da una nuova ondata giudiziaria. Lo chiede, ancora sottovoce, una parte dell’opinione pubblica, preoccupata che un’eventuale nuova tangentopoli possa sfasciare tutto, danneggiando come allora anche cittadini onesti e imprese operose. Portandosi via, come allora, il bambino insieme all’acqua sporca. Un’opinione pubblica che, nonostante tutto, spera ancora che dalla politica possa nascere una fase nuova. Affinché sia la politica e non la magistratura a trovare una soluzione alternativa.
Prima che arrivino i Pm a massacrare la città, quando decidessero di entrare nella prateria degli appalti, degli intrecci tra urbanistica e affari, della sanità, della formazione professionale e delle aziende pubbliche.
Lo chiedono i cittadini e le imprese che hanno bisogno di riscoprire le regole della competizione, della libera concorrenza, nelle professioni oggi non più tanto libere, stufi delle cooperative di comodo che operano nel settore dei servizi e delle assunzioni fatte con il voto di castità, povertà e obbedienza. Obbedienza soprattutto, sempre senza concorsi. Una questione di libertà prima ancora che morale.
E come risponde a queste considerazioni il sistema di potere che oggi comanda in Lombardia? In modo semplice: “State zitti voi della sinistra, che mangiate nel nostro piatto oltre che nel vostro. Non c’è appalto che dipenda da noi nel quale non ci siate anche voi, attraverso le vostre cooperative rosse. Anche nel mondo dei servizi uno spazio per voi l’abbiamo sempre lasciato. Eccetera, eccetera”.
Oppure: “E il sistema Sesto San Giovanni? O del Sud Milano? Non era mica roba nostra. Ma vi ricordate quando avevate il collettivo architetti nella sede del PCI chiamato a fare tutti i piani urbanistici dell’hinterland? Chi decideva della rendita nelle zone di espansione? Voi. Il PCI e le vostre cooperative. Oggi non stiamo facendo altro di diverso da quello che avete fatto voi”.
Ma la frase più forte è quella che tocca di più la pancia della politica: “Per fortuna che ha vinto Formigoni, perché se avesse vinto Penati saremmo già tutti a casa”. E ancora: “Noi centralisti? Noi accusati di occupare tutti gli spazi di potere fino all’ultimo infermiere? Non è così. Noi abbiamo garantito la libertà della persona, la difesa della famiglia, contro una pericolosa visone statalista”.
Un bel clima. Come si vede. Con una politica distrutta dal falso bipolarismo, dal potere fuori controllo che l’elezione diretta assegna ai presidenti delle giunte regionali, provinciali ed ai sindaci. Con uno schieramento riformista da costruire in breve tempo intorno ai valori del buon governo, con una nuova idea di sviluppo civile ed economico della Lombardia, delle cose da fare e non degli spazi da occupare. Con una sinistra assolutamente impreparata che alla fine, come ai tempi di Occhetto, cova il desiderio di poter vincere sulle disgrazie altrui. Un sinistra che chiede le dimissioni di tutti, per andare al voto anticipato, ma non si capisce con quale progetto e quali uomini intende candidarsi a sostituire vent’anni di centrodestra.


Nessun commento:

Posta un commento